La Musica Nelle Parole
Arcobaleno :: GENERALE :: Angolo Poesia
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La Musica Nelle Parole
PASSATO REMOTO
Il più bel sogno fu
Il sogno non sognato
Il miglior bacio
Quello non restituito
Ed il più lungo viaggio fu quel viaggio
Che non fu iniziato
E fu senza saluto
Il più compiuto addio
Consegna il mio stipendio al dio dei ladri
Raccogli le mie vesti e spargi il sale
Se vuoi ti puoi tenere i libri e i quadri
Oppure puoi buttarli tu
Il più bel giorno fu
Il giorno consumato
Ed il più dolce fiato
Quello trattenuto
Durò una vita intera
L'ultimo minuto
E non fu mai passato
Il tempo che passò
Quel pomeriggio che ti ho detto "Scusami
Ma qualche volta chiamami anche tu"
E ancora adesso non ci posso credere
Che non ti avrei rivisto più
Il più bel sogno fu
Il sogno non sognato
Il miglior bacio
Quello non restituito
Ed il più lungo viaggio fu quel viaggio
Che non fu iniziato
E fu senza saluto
Il più compiuto addio
Consegna il mio stipendio al dio dei ladri
Raccogli le mie vesti e spargi il sale
Se vuoi ti puoi tenere i libri e i quadri
Oppure puoi buttarli tu
Il più bel giorno fu
Il giorno consumato
Ed il più dolce fiato
Quello trattenuto
Durò una vita intera
L'ultimo minuto
E non fu mai passato
Il tempo che passò
Quel pomeriggio che ti ho detto "Scusami
Ma qualche volta chiamami anche tu"
E ancora adesso non ci posso credere
Che non ti avrei rivisto più
Ospite- Ospite
La Musica nelle Parole
LA TESTA NEL SECCHIO
Ho messo la testa nel secchio
E nel secchio c'è acqua e sale
Ho messo la testa nel secchio
E devo bere per non affogare
Ho messo la testa nel secchio
Dentro il secchio per guardare
Cosa c'era dentro al secchio
E dentro al secchio c'era il mare.
E chissà quanto ho viaggiato
Quante volte sono stato
Quanti ponti ho attraversato
Quante scale che ho salito
Quando tu indicavi il cielo
Mentre io guardavo il dito
E chissà quanto ho viaggiato
Quante pagine ho strappato
Quanto amore ho visto in giro
Quanto ne ho dimenticato
Ma ho del sangue nei capelli
E non so chi mi ha ferito
Il treno sta partendo
E non è ancora partito
Ho messo la testa nel secchio
Come in un pozzo per afferrare
Un coltello dalla parte sbagliata
O un riflesso lunare
Una stella camaleonte o una corrente tropicale
O la voce di una donna in fondo al secchio
Che ti chiede "Sai nuotare"
E chissà quanto ho viaggiato
Quante facce sono stato
Quante volte ho chiuso gli occhi
Quanta polvere ho mangiato
Quante volte ho chiesto scusa
Quante volte ho perdonato
E chissà quanto ho viaggiato
Quanta gente ho conosciuto
E se mi riconosceresti
Dopo il tempo che è passato
Come sabbia dentro al vetro
Come vento sul vestito
E il treno sta partendo
Ma non è ancora partito
Ho messo la testa nel secchio
Come in un sogno d'attraversare
Come chilometri di luce nera
con un bagaglio da recuperare
Nelle stazioni di mezzanotte
senza volermi svegliare
Per qualcuno che non ha orario
Ma che non può aspettare
E chissà quanto ho viaggiato
Quante carte ho rivoltato
Quante volte ho preso l'asso
Quante volte l'ho buttato
Quante volte ho visto il sole
Quante volte l'ho guardato
E chissà quanto ho viaggiato
E se sono mai arrivato
Se ho scommesso, se ho pagato
Se ho promesso ed ho tradito
Quante volte ho confessato
Senza essermi pentito
E il treno sta partendo
Ma non è ancora partito
Ho messo la testa nel secchio
E nel secchio c'è acqua e sale
Ho messo la testa nel secchio
E devo bere per non affogare
Ho messo la testa nel secchio
Dentro il secchio per guardare
Cosa c'era dentro al secchio
E dentro al secchio c'era il mare.
E chissà quanto ho viaggiato
Quante volte sono stato
Quanti ponti ho attraversato
Quante scale che ho salito
Quando tu indicavi il cielo
Mentre io guardavo il dito
E chissà quanto ho viaggiato
Quante pagine ho strappato
Quanto amore ho visto in giro
Quanto ne ho dimenticato
Ma ho del sangue nei capelli
E non so chi mi ha ferito
Il treno sta partendo
E non è ancora partito
Ho messo la testa nel secchio
Come in un pozzo per afferrare
Un coltello dalla parte sbagliata
O un riflesso lunare
Una stella camaleonte o una corrente tropicale
O la voce di una donna in fondo al secchio
Che ti chiede "Sai nuotare"
E chissà quanto ho viaggiato
Quante facce sono stato
Quante volte ho chiuso gli occhi
Quanta polvere ho mangiato
Quante volte ho chiesto scusa
Quante volte ho perdonato
E chissà quanto ho viaggiato
Quanta gente ho conosciuto
E se mi riconosceresti
Dopo il tempo che è passato
Come sabbia dentro al vetro
Come vento sul vestito
E il treno sta partendo
Ma non è ancora partito
Ho messo la testa nel secchio
Come in un sogno d'attraversare
Come chilometri di luce nera
con un bagaglio da recuperare
Nelle stazioni di mezzanotte
senza volermi svegliare
Per qualcuno che non ha orario
Ma che non può aspettare
E chissà quanto ho viaggiato
Quante carte ho rivoltato
Quante volte ho preso l'asso
Quante volte l'ho buttato
Quante volte ho visto il sole
Quante volte l'ho guardato
E chissà quanto ho viaggiato
E se sono mai arrivato
Se ho scommesso, se ho pagato
Se ho promesso ed ho tradito
Quante volte ho confessato
Senza essermi pentito
E il treno sta partendo
Ma non è ancora partito
Ospite- Ospite
La Musica Nelle Parole
GAMBADILEGNO A PARIGI
E allora sognò Atene
E la sua bocca spalancata
E la sua mano da riscaldare
E la sua vita stonata
E quel suo mare senza onde
E la sua riva gelata
E allora sognò Atene
Sotto una nevicata
Guardalo come cammina
Ballerino di samba
E come inciampa in ogni spigolo
Innamorato e ridicolo
Come guida la banda
Come attraversa la strada
Senza una gamba
Portami via da questa terra
Da questa pubblica città
Da questo albergo tutto fatto a scale
Da questa umidità
Dottoressa chiamata Aprile
che conosco l'inferno
Portami via da questo inverno
Portami via da qua
E allora sognò Atene
E l'Ospedale Militare
Ed i soldati carichi di pioggia
E un compleanno da ricordare
Ed un ombrello sulla spiaggia
E un dopoguerra sul lungomare
E allora sognò il tempo
Che lo voleva fermare
Guardalo come cammina
Lazzaro di Notre Dame
Come sta dritto nella tempesta
Alla fermata del tram
Chiama un Taxi si mette avanti
Dai Campi Elisi alla Grande Arche
Gambadilegno avanti avanti
Avanti marsh !
E allora sognò Atene
E la sua bocca spalancata
E la sua mano da riscaldare
E la sua vita stonata
E quel suo mare senza onde
E la sua riva gelata
E allora sognò Atene
Sotto una nevicata
Guardalo come cammina
Ballerino di samba
E come inciampa in ogni spigolo
Innamorato e ridicolo
Come guida la banda
Come attraversa la strada
Senza una gamba
Portami via da questa terra
Da questa pubblica città
Da questo albergo tutto fatto a scale
Da questa umidità
Dottoressa chiamata Aprile
che conosco l'inferno
Portami via da questo inverno
Portami via da qua
E allora sognò Atene
E l'Ospedale Militare
Ed i soldati carichi di pioggia
E un compleanno da ricordare
Ed un ombrello sulla spiaggia
E un dopoguerra sul lungomare
E allora sognò il tempo
Che lo voleva fermare
Guardalo come cammina
Lazzaro di Notre Dame
Come sta dritto nella tempesta
Alla fermata del tram
Chiama un Taxi si mette avanti
Dai Campi Elisi alla Grande Arche
Gambadilegno avanti avanti
Avanti marsh !
Ospite- Ospite
Re: La Musica Nelle Parole
RECITATIVO (Due invocazioni e un atto di accusa)
CORALE (Leggenda del re infelice)
Uomini senza fallo, semidei
che vivete in castelli inargentati
che di gloria toccaste gli apogei
noi che invochiam pietà siamo i drogati.
Dall'inumano varcando il confine
conoscemmo anzitempo la carogna
che ad ogni ambito sogno mette fine
che la pietà non vi sia di vergogna.
CORALE
C'era un re
che aveva
due castelli
uno d'argento
uno d'oro
ma per lui
non il cuore
di un amico
mai un amore nè felicità
Banchieri, pizzicagnoli notai
coi ventri obesi e le mani sudate
coi cuori a forma di salvadanai
noi che invochiam pietà fummo traviate.
Navigammo su fragili vascelli
per affrontar del mondo la burrasca
ed avevamo gli occhi troppo belli:
che la pietà non vi rimanga in tasca.
Giudici eletti uomini di legge
noi che danziam nei vostri sogni ancora
siamo l'umano desolato gregge
di chi morì con il nodo alla gola.
Quanti innocenti all'orrenda agonia
votaste decidendone la sorte
e quanto giusta pensate che sia
una sentenza che decreta morte?
CORALE
Un castello
lo donò
e cento e cento amici trovò
l'altro poi
gli portò
mille amori
ma non trovò
la felicità
Uomini cui pietà non convien sempre
mal accettando il destino comune
andate, nelle sere di novembre,
a spiar delle stelle il fioco lume
la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,
muover le tombe e metterle vicine
come fossero tessere giganti
di un domino che non avrà mai fine.
Uomini, poichè all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia
gioir nei preti, o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finchè non sia maturo per la falce.
CORALE
Non cercare la felicità
in tutti quelli a cui tu
hai donato
per avere un compenso
ma solo in te
nel tuo cuore
se tu avrai donato
solo per pietà
per pietà
per pietà...
CORALE (Leggenda del re infelice)
Uomini senza fallo, semidei
che vivete in castelli inargentati
che di gloria toccaste gli apogei
noi che invochiam pietà siamo i drogati.
Dall'inumano varcando il confine
conoscemmo anzitempo la carogna
che ad ogni ambito sogno mette fine
che la pietà non vi sia di vergogna.
CORALE
C'era un re
che aveva
due castelli
uno d'argento
uno d'oro
ma per lui
non il cuore
di un amico
mai un amore nè felicità
Banchieri, pizzicagnoli notai
coi ventri obesi e le mani sudate
coi cuori a forma di salvadanai
noi che invochiam pietà fummo traviate.
Navigammo su fragili vascelli
per affrontar del mondo la burrasca
ed avevamo gli occhi troppo belli:
che la pietà non vi rimanga in tasca.
Giudici eletti uomini di legge
noi che danziam nei vostri sogni ancora
siamo l'umano desolato gregge
di chi morì con il nodo alla gola.
Quanti innocenti all'orrenda agonia
votaste decidendone la sorte
e quanto giusta pensate che sia
una sentenza che decreta morte?
CORALE
Un castello
lo donò
e cento e cento amici trovò
l'altro poi
gli portò
mille amori
ma non trovò
la felicità
Uomini cui pietà non convien sempre
mal accettando il destino comune
andate, nelle sere di novembre,
a spiar delle stelle il fioco lume
la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,
muover le tombe e metterle vicine
come fossero tessere giganti
di un domino che non avrà mai fine.
Uomini, poichè all'ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia
gioir nei preti, o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finchè non sia maturo per la falce.
CORALE
Non cercare la felicità
in tutti quelli a cui tu
hai donato
per avere un compenso
ma solo in te
nel tuo cuore
se tu avrai donato
solo per pietà
per pietà
per pietà...
Ospite- Ospite
Re: La Musica Nelle Parole
LE PASSANTI
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà:
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo pià vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
Traduzione di Les Passantes di George Brassens tratta da una poesia di Antoine Paul
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
in un attimo di libertà:
a quella conosciuta appena
non c'era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l'hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo pià vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
Traduzione di Les Passantes di George Brassens tratta da una poesia di Antoine Paul
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